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Channel: Impressionismo – barbarainwonderlart © Barbara Meletto
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Capolavori della National Gallery: Due granchi di Vincent van Gogh

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“Ciò che vive nell’arte ed è eternamente vivente, è prima di tutto il pittore, e poi il dipinto.”

(Vincent van Gogh)

Vincent van Gogh, Aringhe su pezzo di carta gialla, 1889, collezione privata

Vincent van Gogh, Aringhe su pezzo di carta gialla, 1889, collezione privata

I pittori non hanno dipinto solamente santi, madonne, eroi, soggetti storici, religiosi o mitologici, eventi grandiosi e fatti gloriosi. Anche le cose più banali, le più irrilevanti sono state oggetto di attenta indagine artistica: cibi, utensili, animali e tutto ciò che fa parte della nostra quotidianità. Soggetti di genere, per lo più relegati al ruolo di “pittura minore”, che fecero fatica ad affrancarsi da un giudizio classista dell’arte.

Furono soprattutto i pittori olandesi a riprodurre, con estrema verosimiglianza, tranci di carne, tavole imbandite, verdure, fiori, o qualsivoglia elemento potessero avere sotto gli occhi: oggetti che ci parlano con la loro presenza, gridando sulla tela la loro faticosa evidenza dell’esistere.

Vincent van Gogh, Due girasoli recisi, 1887, Berna, Kunstmuseum Bern

Vincent van Gogh, Due girasoli recisi, 1887, Berna, Kunstmuseum Bern

Tra i maestri che si dedicarono con estrema tenacia alla natura morta ci fu Vincent van Gogh. In van Gogh la natura morta rappresentava, prima che un genere, un’educazione alla pittura, un modo per prendere dimestichezza con il pennello attraverso l’osservazione attenta della natura, modello questo che poteva avere a disposizione con estrema facilità. Noto soprattutto per i girasoli o per gli assolati campi di grano, van Gogh dipinse anche umili aringhe, scarpe sformate, banali patate, sordide cipolle, sedie di legno grezzo e perfino coriacei granchi.

Vincent van Gogh, Due granchi, 1889, Londra, National Gallery

Vincent van Gogh, Due granchi, 1889, Londra, National Gallery

Alla National Gallery ho avuto il privilegio di scoprire quest’opera, per me fino ad allora sconosciuta: i Due Granchi del 1889. Un quadro inedito, dal tema inusuale, dipinto appena dopo essere stato dimesso dall’ospedale di Arles.

Dopo aver vissuto un’esperienza certamente traumatica, van Gogh si sentiva pronto a ritornare al mestiere della pittura, come scrisse al fratello Theo: “ho intenzione di rimettermi al lavoro anche domani. Devo iniziare a fare una o due nature morte per abituarmi a dipingere.”

Pieter Claesz, Natura morta con granchio, 1644

Pieter Claesz, Natura morta con granchio, 1644

Nella tradizione olandese si ritrovano numerose nature morte con crostacei. Il tema non è dunque insolito, insolito è il sentimento con cui van Gogh vi si accosta. Su una superficie simile al mare, emergono due granchi che paiono ondeggiare, rischiando di finire fuori dal quadro: una scena di grande dinamismo compositivo che provoca una sorta di vertigine nello spettatore.

Le pennellate vibranti si susseguono come le frasi in un discorso concitato: van Gogh scrive dipingendo, e dipingendo esprime le sue emozioni. Il soggetto è solo un pretesto per una riflessione più intima: guardati da vicino e strappati da ogni spazio naturalistico, questi due granchi, di cui uno capovolto, si dibattono in una precaria dimensione esistenziale.

Hokusai, Granchi, 1849

Hokusai, Granchi, 1849

Lo spirito che anima van Gogh è molto simile a quello dei pittori giapponesi che consideravano la natura un mezzo per raggiungere il “divino”: un esercizio mentale ancor prima che una pratica artistica.

Quasi certamente fu ispirato dalla xilografia di Hokusai, Granchi, riprodotta nel numero di maggio del 1888 di “Le Japon Artistique”, e forse poteva avere in mente l’antica favola greca “Il granchio e la madre”, certo è che la novità di van Gogh risulta dall’intensità del suo dipingere, come se fosse un atto di devozione. Ed in effetti per lui l’arte era una sorta di mestiere vissuto con dedizione religiosa: figlio di un pastore calvinista e predicatore egli stesso per un certo periodo, non smise mai di cercare la dimensione dell’assoluto nelle cose di tutti i giorni.

I granchi come i girasoli, la sedia o la pipa, sembrano discendere da un altro mondo: epifanie di una dimensione ultraterrena insita nella nostra ordinaria esperienza.

“Dio usa le cose di tutti i giorni per istruirci nelle verità superiori, che la vita è un pellegrinaggio e che siamo stranieri su questa terra.”

(Vincent van Gogh)

Un grande senso di solitudine scaturisce da questa tela, che neppure la tavolozza vivace riesce a distogliere; la solitudine di un uomo che si sentiva straniero su questa terra, ma che decise di votarsi all’arte per non soccombere alla più cupa disperazione.

“Che dire sulla nuova arte? L’unica, nuova e interessante forma d’arte, veramente viva, è rappresentata dalle opere di un giovane olandese che qualche volta ho incontrato. Si tratta di un certo van Gogh.”

(Vasilij Kandinskij, 1913)

Vincent van Gogh, Granchio, 1888, Van Gogh Museum, Amsterdam

Vincent van Gogh, Granchio, 1888, Van Gogh Museum, Amsterdam

Vincent van Gogh, Nat disegno, pipa, cipolle e cera, 1884, Otterlo, Museo Kröller-Müller

Vincent van Gogh, Natura morta con tavolo da disegno, pipa, cipolle e cera, 1884, Otterlo, Museo Kröller-Müller

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